
Affinché siano integrati gli estremi dell’aggravante di cui al comma 2bis della citata norma è necessario che l’incidente sia stato causato dall’incapacità del conducente determinata dall’essersi posto alla guida in stato di ebbrezza (Cassazione Penale, Sez. IV, Sentenza n. 47750 del 19/10/2018)
(…)
Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere rigettato.
2. Ora, va premesso che nella giurisprudenza di legittimità esiste, in ordine alla configurabilità dell’aggravante prevista dall’art. 186 C.d.S., comma 2 bis, un contrasto interpretativo. Secondo alcune sentenze, infatti, per affermarne la sussistenza “è necessario che l’agente abbia provocato un incidente e che, quindi, sia accertato il coefficiente causale della sua condotta rispetto al sinistro, non essendo sufficiente il mero suo coinvolgimento nello stesso. (Sez. 4, n. 33760 del 17/05/2017 – dep. 11/07/2017, Magnoni, Rv. 27061201 Sez. 4, n. 37743 del 28/05/2013 – dep. 13/09/2013, Callegaro, Rv. 25620901), mentre, per altre, non è richiesto l’accertamento del nesso eziologico tra l’incidente e la condotta dell’agente, ma il solo collegamento materiale tra il verificarsi del sinistro e lo stato di alterazione dell’agente, alla cui condizione di impoverita capacità di approntare manovre idonee a scongiurare l’incidente sia direttamente ricollegabile la situazione di pericolo. (Fattispecie in cui il conducente di un’auto in stato di ebbrezza alcoolica aveva tamponato violentemente un veicolo antagonista che si era arrestato sulla corsia di sorpasso dell’autostrada). (Sez.4, n. 54991 del 24/10/2017 – dep. 07/12/2017, Fabris, Rv. 27155701; Sez. 02/07/2015 – dep. 10/09/2015, Scudiero, Rv. 26441901).
3. Nondimeno, la questione della coefficienza causale della condotta dell’imputato nella produzione del sinistro non appare pertinente al caso di specie, come si evince dalla ricostruzione contenuta nella sentenza impugnata.
4. La Corte territoriale, infatti, distingue due sinistri: il primo preesistente, che aveva prodotto il capovolgimento di un veicolo sulla strada, il secondo rappresentato da quello determinato dall’impatto dell’autoveicolo condotto dal T. contro il veicolo già incidentato, fermo al centro della carreggiata. E’ chiaro -e la motivazione della sentenza impugnata non può essere fraintesa sul punto- che rispetto al primo sinistro non si afferma alcun efficienza causale della condotta del T., nè si sostiene che la sussistenza del reato derivi dal suo coinvolgimento in detto sinistro. Il collegio d’appello, al contrario, sostiene che l’imputato abbia provocato il secondo sinistro, consistito nell’impatto contro l’autovettura ferma sulla sede stradale, in posizione capovolta. E’ solo rispetto a quest’ultimo, dunque, che occorre verificare la nozione di incidente stradale nella prospettiva di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2 bis.
5. La giurisprudenza di legittimità, nel definire la nozione normativa di incidente stradale, fa riferimento, in primo luogo, al significato letterale del termine, secondo cui è tale qualsiasi avvenimento inatteso che interrompe il normale svolgimento della circolazione stradale e che proprio per tale ragione è portatore di pericolo per la collettività, ed afferma che, tuttavia, una simile definizione coincide proprio con quella che si evince dalle norme del Codice della Strada, come risulta dagli obblighi di segnalazione che il regolamento prevede (art. 356) per il caso di incidente che provochi ingombro della carreggiata, al di là di ogni danno a cose o persone. Ma anche dal fatto che allorchè il legislatore ha ritenuto di diversificare i comportamenti e le conseguenze collegati a un incidente, ciò ha fatto espressamente, come ad esempio nell’art. 189 C.d.S., che stabilisce comportamenti e sanzioni diverse a secondo delle conseguenze che derivano dall’incidente stesso (Cass., Sez. 4, n. 47276/2012).
6. Su questa base, ai fini dell’aggravante di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2 bis, è stato ritenuto che “nella nozione di incidente stradale siano da ricomprendersi, tanto l’urto del veicolo contro un ostacolo, quanto la sua fuoriuscita dalla sede stradale; a tal fine, non sono, invece, previsti nè i danni alle persone nè i danni alle cose, con la conseguenza che – per affermarne la sussistenza – è sufficiente qualsiasi, purchè significativa, turbativa del traffico, potenzialmente idonea a determinare danni (Cass., Sez. 4, n. 42488/2012, Rv. 253734; v. altresì Cass., Sez. 4, n. 6381/201.
7. Cosi ricostruita la nozione al fine della riconducibilità dell’evento alla condotta va, tuttavia, verificata la sussistenza del nesso di strumentalità – occasionalità tra lo stato di ebbrezza e l’incidente provocato dall’imputato, non potendo certamente giustificarsi l’inflizione di un deteriore trattamento sanzionatorio a carico del guidatore che, pur procedendo illecitamente in stato di ebbrezza, sia stato coinvolto in un incidente stradale di per sè oggettivamente imprevedibile e inevitabile e in ogni caso privo di alcuna connessione con lo stato di alterazione alcolica del soggetto.
8. Su questo punto, la Corte introduce una motivazione sintetica, ma esaustiva, poichè sottolinea come il T. abbia provocato il sinistro non perchè il precedente sinistro costituisse un’insidia imprevedibile, ma perchè, nonostante la bassissima velocità tenuta, non ha avuto la capacità di evitare l’impatto, in una situazione di scarsa visibilità, data l’ora notturnà notturna, per la scarsa attenzione prestata, riferibile al suo stato di alterazione alcolica.
9. Il secondo motivo va parimenti rigettato. La Corte territoriale, invero, benchè concisamente, argomenta sulla reiezione della richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., facendo riferimento alla situazione di grave pericolo creata dal sinistro provocato dal ricorrente, che ha messo a repentaglio la sicurezza di coloro che erano presenti sul luogo del primo sinistro, i quali avrebbero potuto essere investiti dalla vettura sconsideratamente condotta dall’imputato. Non può dirsi, dunque, che manchi quell’autonoma valutazione, richiesta dall’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016 – dep. 06/04/2016, Tushaj, Rv. 26659001). secondo cui deve tenersi conto, ai sensi dell’art. 133 c.p., in modo complessivo e congiunto delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo Elementi questi, sui quali il giudice di appello si sofferma nel corpo della motivazione, richiamandoli e rivalutandoli sotto quel profilo quando affronta il motivo di appello relativo al riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p..
10. Il terzo motivo è infondato. Per rispondere alla doglianza basta richiamare il principio affermato da questa sezione secondo cui “In tema di reato di guida in stato di ebbrezza, ai fini dell’operatività del divieto di sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità – previsto dall’art. 186 C.d.S., comma 9 bis, – è sufficiente che ricorra la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale essendo, invece, irrilevante che, all’esito del giudizio di comparazione con circostanza attenuante, essa non influisca sul trattamento sanzionatorio. (Sez. 4, n. 48534 del 24/10/2013 – dep. 04/12/2013, Bondioli, Rv. 25728901; Sez. 4, Sentenza n. 7969 del 06/12/2013 Ud. (dep. 19/02/2014) Rv. 258616; Sez. 4, Sentenza n. 13853 del 04/02/2015 Ud. (dep. 01/04/2015) Rv. 263012).
11. La reiezione di tutti i motivi comporta il rigetto del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018